MOTIVAZIONE: in tempo di pandemia (p.te seconda)
… . E di MOTIVAZIONE si continua a scrivere, e di questi tempi non è semplice farlo! Eh sì, perché in tempo di pandemia il consiglio è quello di “stare nel presente”, di non andare troppo oltre con i pensieri, poiché i nostri obiettivi, anche se ben ponderati, potrebbero scontrarsi con l’impossibilità di raggiungerli, aumentando la frustrazione preesistente.
Tutto vero anche se provo a insistere sul fatto che è proprio in questi momenti che diventa necessario “alzare l’asticella” al fine di resistere, per mantenere quello spirito interiore positivo che ci può rendere oltremodo resilienti nell’affrontare le nuove sfide all’orizzonte.
Ed ecco che il nostro tema, la MOTIVAZIONE, torna in auge, nel suo implicito movimento – significato etimologico proveniente dal verbo “movere” – con ancora più forza! E quindi e ancora come possiamo riuscire a trasmetterla nelle nostre azioni, nello svolgimento dei nostri compiti, nell’interazione con i nostri interlocutori?
Nell’intento di trovare una risposta è buona norma indagare in quelle fornite dagli studiosi che vi hanno dedicato tempo e sforzi. Il tentativo è quello di comprenderne il valore, traendone i buoni insegnamenti che hanno presentato, al fine di spiegare il funzionamento e la conseguente attivazione della MOTIVAZIONE stessa, studio che – come scrivevo nello scorso articolo – è suddiviso principalmente in due scuole di pensiero: teorie di Contenuto e di teorie di Processo.
A partire da quella più conosciuta e ancor molto praticata, la teoria di contenuto di Abraham Maslow, famosa per l’immagine della “piramide gerarchica dei bisogni” tanto necessaria, secondo gli studi dello scienziato, al genere umano occidentale nel possibile conseguimento di quella che lui chiama “autorealizzazione”, la domanda ovvia è se, in questa nuova situazione mondiale di “uomo/donna” di “in/post” pandemia sia ancora attuale. In parte, pur con i suoi limiti temporali e logistici, potrebbe esserlo, soprattutto in virtù del fatto che, seguendo i suoi intendimenti, per riuscire a raggiungere e conseguire la cima della sua “piramide”, l’autorealizzazione, una vita soddisfacente, piena, di significato, il primo passo consiste nel valicare i primi “gradini” o “gradoni” che siano, a seconda degli ostacoli per riuscire a superarli, quelli che lui definisce come “bisogni primari“, atti alla sopravvivenza, al soddisfacimento delle prime necessità, per poi, e soltanto in seconda istanza, raggiungere e conseguire quelli successivi, da lui definiti come “bisogni secondari“, l’appartenenza, la stima e la realizzazione.
Questo disegno di vita, scopo nell’esistenza di ognuno di noi, viene delineato dal sociologo come un compito arduo, difficoltoso, pieno di insidie. Mi permetto di aggiungere che in tempo di pandemia l’impresa è ben più ardua! Ne consegue la necessità di evocare a gran voce la MOTIVAZIONE. Come riuscire?
McClelland prova a fornirci un ulteriore aiuto con la sua teoria di contenuto datata 1961 in cui suggerisce che la MOTIVAZIONE si basa sul “bisogno di riuscire“, sia nella vita personale che professionale, individuandone i quattro principali elementi:
- la motivazione al potere e al conseguente evitamento della dipendenza
- la motivazione all’affiliazione” e al sostanziale evitamento dell’isolamento
- la motivazione al successo e al conseguente evitamento del fallimento
- la motivazione alla competenza e al conseguente mantenimento di elevati standard di qualità McClelland spiega, in un modello applicabile alla nostra realtà contingente, che nella sua teoria non esiste alcun rapporto di gerarchia o subordinazione dicendo che “in funzione della storia e della personalità dell’individuo troviamo situazioni di equilibrio in cui tutte le istanze possono ottenere espressione nei comportamenti, o al contrario situazioni in cui vi è un netto prevalere dell’una o dell’altra istanza, che sistematicamente guida le scelte e le condotte che vengono messe in atto.” (Cortese & Viada, 2008 pag. 218)
E ancora più vicina ai nostri attuali bisogni di MOTIVAZIONE si colloca l’ultima teoria di contenuto di cui voglio parlare, quella di Herzberg (1959-1961), particolarmente focalizzata sulla possibilità o meno di essere motivati nello svolgimento delle nostre attività professionali, che occupano la maggior parte del nostro tempo – stimato da una metà a due terzi di vita – in cui lo studioso spiega che nel mondo del lavoro esistono due macroaree che incidono sulla MOTIVAZIONE e il conseguente benessere delle persone: i fattori di igiene, intesi come retribuzione, condizioni di lavoro, sicurezza, supervisione tecnica e relazioni interpersonali con i pari e con i superiori e i fattori motivazionali che includono il riconoscimento, l’attribuzione di responsabilità, le opportunità di carriera, le possibilità di apprendimento e la crescita di ruolo. Possibile in tempi di pandemia e, a breve, auguriamocelo, di post pandemia, immaginarci un mondo dell’impresa, del lavoro o dell’occupazione che richiami con forza in ognuno di noi il senso profondo di MOTIVAZIONE?
Crederlo è l’unica possibile MOTIVAZIONE!